DARIO COLETTI

Demone dentro demone fuori

… Un istante può rivoluzionare il senso del sé? Ovvero può mettere in discussione quell’immagine che si ha di sé stessi, che abbiamo costruito in accordo con le persone che hanno partecipato al nostro sviluppo e che ci circondano? Io credo di si, ne ho avuto prova in diverse occasioni. È una lotta aspra ed è una lotta dolce. …

… Io sono qui per documentare, non solo seguendo la processione, ma entrando nei dettagli per cogliere dei significati ulteriori. La domanda è sempre la solita: da dove partire se tutto è stato già detto? …

… Un demone mi vede e con un’ultima carica sfonda il muro umano ormai fiacco che ci divide. È un istante; un timore s'impossessa di me. Vorrei vivere questo momento senza agire, ma come per un riflesso alzo la fotocamera. Lo faccio, credo, per creare uno schermo tra me e lui, per indicargli che ho un ruolo e che proprio per questo mi sento invincibile. Mi sembra di pronunciare parole: demone, io non ho paura di te, rappresenti quello che io non sono ed è per questo motivo che non devo temere nulla. Ma la maschera punta decisamente nella mia direzione. Il tempo si espande e tutto diventa come in un sogno, come in un incubo. Il demone con inesorabile determinazione continua ad avvicinarsi quasi a indicarmi che è nella natura delle cose che io faccia i conti con lui; con la sua presenza sgradevole, con il suo lezzo pestilenziale con le sue zanne affilate con i suoi occhi terrorizzanti e i capelli di stoppie. Io non mi muovo, se quel diavolo è lento io mi ritrovo immobilizzato. Come una preda invischiata in una tela di un insetto assassino. E il ragno si avvicina. Io continuo a scattare perché ho paura, perché continuo a credere che il mezzo che c’è tra me e quel male sia un bastione invalicabile, ma il demone avanza, una scena al rallentatore. Due scatti tre scatti, ecco con il quarto siamo uno di fronte all’altro, sento il suo alito e gli occhi sono giganti e ora le zanne luccicano alla poca luce rimasta nella sera della giungla. Fermo. Immobile. Piano piano quest'essere m'invade, in un attimo coesistiamo nello stesso spazio. Sovrapposti. Non sono io a decidere la distanza. Credo che non sia neanche lui. È il caso che ci ha creato attori di una pantomima che forse non avremmo voluto rappresentare. È uno scambio doloroso d'informazioni di uno sull’altro e di ognuno di noi su noi stessi. La figura demoniaca mi possiede per un tempo che mi sembra eterno, seppure sufficiente ad aprirmi a un dolore senza fine. E a un benessere allo stesso tempo. Il demone passa oltre e io incredulo, senza forze rimango lì, immobile, nella consapevolezza di essere fatto della sua stessa materia. Abbandonato, abbandono l’immagine che ho di me. Da ora per la durata della mia esistenza. …

Beliatta 17 luglio 1992

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